Primi indizi sulla scomparsa dell’antimateria dopo il Big Bang

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Un esperimento sui neutrini aiuta a capire perché ha prevalso la materia

L’esperimento Super-Kamiokande, con i suoi 11.000 occhi elettronici, cattura la luce prodotta dai neutrini nelle interazioni con 50.000 tonnellate di acqua (fonte: T2K, Super-kamiokande)

I primi indizi cominciano a fare un po’ di luce su uno dei rompicapo della fisica contemporanea, ossia la perché la materia ha avuto la meglio sull’antimateria se dopo il Big Bang erano presenti nella stessa quantità e se si annullavano a vicenda.

Il segnale di quanto potrebbe essere accaduto arriva dalle particelle più sfuggenti dell’universo, i neutrini, e della loro controparte dell’antimateria, gli antineutrini, grazie alla ricerca che si è guadagnata la copertina della rivista Nature, condotta dalla collaborazione internazionale T2K (Tokai to Kamioka).  Quest’ultima coinvolge 12 Paesi compresa l’Italia, la cui partecipazione è coordinata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e comprende le università di Napoli, Padova, Roma Sapienza e Politecnico di Bari.

L’esperimento T2K ha dimostrato che gli antineutrini si trasformano meno frequentemente dei neutrini, vale a dire che assumono meno frequentemente le caratteristiche tipiche di una delle tra famiglie di queste particelle che esistono in natura, ossia i neutrini (e gli antineutrini) elettronici, mu e tau.

Questa capacità di trasformarsi è il fenomeno chiamato oscillazione, previsto dal fisico italiano Bruno Pontecorvo negli Anni 50 e dimostrato solo recentemente. “I nuovi risultati dimostrano, con una certezza del 99,7% ,che il fenomeno dell’oscillazione si verifica con probabilità diverse per i neutrini rispetto agli antineutrini”, ha de ttoall’ANSA, Gabriella Catanesi, responsabile per l’Infn di T2K e componente del comitato esecutivo dell’esperimento.

I neutrini sono particelle molto sfuggenti: basti pensare che in un secondo ben 60 miliardi attraversano la punta di un dito senza lasciare traccia. Occorrono quindi esperimenti molto grandi e sorgenti molto potenti per studiarli.

Nell’esperimento T2K un fascio di neutrini, o di antineutrini, prodotto dall’acceleratore di particelle, Japan Proton Accelerator nel villaggio giapponese di Tokai viene inviato a 295 chilometri al rivelatore sotterraneo Super-Kamiokande, che con i suoi 11.000 occhi elettronici è capace di catturare la luce prodotta dagli elusivi neutrini nelle interazioni con 50.000 tonnellate di acqua purissima.

“Durante il tragitto gli antineutrini si trasformano da un tipo a un altro, oscillando da muonici in elettronici”, chiarisce Catanesi. “L’obiettivo di T2K è cercare differenze nel comportamento fra neutrini e antineutrini, per capire – aggiunge – se la simmetria fra queste due componenti viene violata, contrariamente a quanto accade per la gran parte delle leggi che descrivono il comportamento delle particelle elementari”.

Uno dei misteri della fisica è, infatti, capire perché sia venuta meno l’originale simmetria tra materia e antimateria all’indomani del Big Bang, dove sia finita l’antimateria e perché non vediamo, ad esempio, anti-stelle, anti-galassie e persino un anti-universo.

Per Catanesi, “l’avere osservato che il numero di antineutrini che si trasformano da un tipo a un altro è inferiore rispetto ai neutrini può essere importante per spiegare perché oggi nell’universo vediamo più materia che antimateria. Si tratta di un punto di partenza. Occorreranno, infatti, misurazioni più precise per confermare queste indicazioni. Per questo – ha concluso – stiamo lavorando per migliorare ancora il nostro apparato, che potrà aiutarci a dare una risposta al problema dell’antimateria mancante dell’universo”. (Ansa)


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